A PARMA CHIARIMENTI PER ADESIONE A CEDOLARE SECCA DELLE ATTIVITA’ D’IMPRESA CHE AFFITTANO ALLOGGI.

Pubblicata il: 14 Maggio 2024

CHIARIMENTI E DELUCIDAZIONI PER LE ATTIVITA’ CHE AFFITTANO ALLOGGI AI PROPRI DIPENDENTI

Sulla scia delle novità che ASPPI ha pubblicato a livello nazionale riguardante la bocciatura della Cassazione della tesi accolta dall’Agenzia delle Entrate dal 2011, ASPPI PARMA invita i Soci, e non, a chiamarci per avere chiarimenti sulla possibilità di aderire alla cedolare secca sui contratti d’affitto abitativi stipulati e da stipulare ai propri dipendenti.

L’esclusione della cedolare secca per l’attività di impresa non riguarda il conduttore.

Si può applicare la cedolare secca al contratto di locazione a uso abitativo stipulato, in qualità di conduttore, da un soggetto imprenditore, che affitta l’immobile per fornirlo come alloggio ai propri dipendenti.

A questa conclusione giunge la Cassazione, con una sentenza (7 maggio 2024 n. 12395) che, oltre a risolvere il caso oggetto della controversia, pone (probabilmente) fine a una delle questioni interpretative, relative alla cedolare secca, che ha generato più contenzioso negli ultimi 13 anni.

La questione, sorta all’indomani dell’introduzione dell’imposta sostitutiva sulle locazioni abitative (avvenuta con l’art. 3 del DLgs. 23/2011), deriva dall’interpretazione del comma 6 dell’art. 3 citato, che esclude l’applicabilità della cedolare secca per le “unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa”.

Se era evidente che tale disposizione impedisse di applicare la cedolare secca qualora il locatore agisse nell’esercizio di imprese, arti o professioni, è nato un dibattito sulla possibilità che l’esclusione operasse anche quando il conduttore fosse imprenditore. I dubbi, in particolare, sono sorti perché l’Agenzia delle Entrate, con la circ. n. 26/2011, § 1.2, ha affermato la necessità di guardare, “al fine di valutare i requisiti di accesso al regime, anche all’attività esercitata dal locatario ed all’utilizzo dell’immobile locato”.

Così ragionando, l’Agenzia concludeva escludendo “dal campo di applicazione della norma in commento, i contratti di locazione conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell’immobile per finalità abitative di collaboratori e dipendenti”. Questa interpretazione destava immediate critiche in dottrina, in quanto appariva in contrasto con il tenore della disposizione, che con una lettura sistematica della disciplina.

Da allora, numerosi sono stati i pronunciamenti della giurisprudenza di merito. Una parte di essa, inizialmente maggioritaria, si è espressa in senso contrario all’Agenzia delle Entrate, affermando l’irrilevanza della qualifica imprenditoriale del conduttore ai fini dell’applicabilità della cedolare secca (tra le tante, si vedano: C.T. Prov. Reggio Emilia n. 470/3/14, C.T. Reg. Lazio n. 1723/10/22, C.T.G. II Veneto n. 53/5/23). Successivamente, si è affermato, però, anche un orientamento di senso opposto, che esclude la compatibilità tra la cedolare secca e la natura imprenditoriale del conduttore (cfr. C.T.G. II Lazio n. 1223/14/23; C.T. Reg. Toscana n. 590/6/22; C.T. II Trentino Alto Adige n. 9/1/22, questa ultima, affermando peraltro la natura “non abitativa” della locazione ad uso foresteria).

La sentenza della Suprema Corte n. 12395/2024 aggiunge a questo quadro un nuovo e importantissimo tassello, in quanto fornisce, finalmente, la posizione del giudice di legittimità che, in breve, afferma di non condividere l’impostazione assunta dall’Agenzia delle Entrate (di cui, incidentalmente, ricorda la natura non vincolante).

Infatti, viene enunciato il principio secondo cui il “locatore può optare per la cedolare secca anche nell’ipotesi in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell’esercizio della sua attività professionale”, atteso che l’esclusione prevista dall’art. 3 comma 6 del DLgs. 23/2011 “si riferisce esclusivamente alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate dal locatore nell’esercizio di un’attività d’impresa arti e professioni”.

In particolare, l’art. 3 comma 6 del DLgs. 23/2011 va coordinato con i precedenti commi del medesimo articolo, che riconoscono solo in capo al locatore la possibilità di optare per la cedolare secca “senza che il conduttore possa in alcun modo incidere su tale scelta”. Per questo motivo, la limitazione fissata dal comma 6 riguarda solo il locatore, che per accedere alla sostitutiva non deve agire nell’esercizio dell’attività di impresa, “mentre resta irrilevante la qualità del conduttore e la riconducibilità della locazione” alla sua attività professionale o imprenditoriale.

La circostanza che l’imposta sostitutiva comporti vantaggi anche in capo al conduttore (esclusione dell’imposta di registro) non giustifica un’interpretazione diversa, da cui deriverebbe, invece, “una riduzione dell’ambito applicativo della cedolare in danno del locatore” che è il solo soggetto abilitato a sceglierla e “il beneficiario principale di tale regime”.

Inoltre, l’interpretazione del comma 6 dell’art. 3 del DLgs. 23/2011 accolta dalla Cassazione trova riscontro non solo nella lettera normativa, ma anche nella ratio della legge, che non è rivolta solo a contrastare l’evasione fiscale, ma anche a facilitare il reperimento di abitazioni da locare, esigenza che può sorgere anche nell’esercizio “delle attività imprenditoriali, arti e professioni, che sempre più spesso avvengono lontano dal luogo di residenza/sede o sono dislocate in plurimi contesti territoriali”.

Aggiunge, infine, la sentenza, che non possono trarsi indicazioni contrarie neppure nel successivo comma 6-bis, che riguarda l’accesso alla cedolare per un particolare caso di sublocazione a studenti universitari.

 

 

Cass. 7.5.2024 n. 12395

SENTENZA

 

sul ricorso iscritto al n. 27621/2020 R.G. proposto da:

D.D. elettivamente domiciliato in [omissis], presso lo studio dell’avvocato [omissis], che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato [omissis]

-ricorrente-

Contro AGENZIA DELLE ENTRATE, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STAIO che ex lege la rappresenta e difende.

-controricorrente-

avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.LOMBARDIA n. 208/2020, depositata il 27.1.2020, Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12.4.2024 dal Consigliere [omissis].

FATTI DI CAUSA

  1. D.D. ha proposto un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha riformato la prima decisione, resa sui ricorsi riuniti del contribuente, che aveva ritenuto illegittimi gli avvisi di liquidazione, con irrogazione di sanzioni, notificati dall’Agenzia delle Entrate per omesso integrale versamento dell’imposta di registro, relativamente alle annualità 2012 e 2013, in ordine al contratto di locazione, stipulato nel 2010 con [omissis], avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo, sito in [omissis], destinato al legale rappresentante della società (parte conduttrice del contratto di locazione).
  2. La Commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che il comma 6 dell’art. 3, DLgs. n. 23 del 2011 esclude l’applicazione del regime sostitutivo di tassazione (c.d. «cedolare secca») previsto dal comma 1, a favore del locatore persona fisica che non esercita attività imprenditoriale, «alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa, o arti e professioni», perché in tale esclusione rientra anche l’ipotesi in cui sia il conduttore ad esercitare attività d’impresa o arti o professioni.
  3. Ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
  4. Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
  5. Il ricorrente ha depositato ulteriore memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. Con il motivo di ricorso il contribuente ha prospettato, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 6, del DLgs. n. 23 del 2011, per avere la CTR erroneamente equiparato, ai fini qui considerati, i conduttori ai locatori, atteso che soltanto questi ultimi, per poter usufruire del regime della cedolare secca, non devono agire nell’esercizio di un’impresa, arte o professione. Deduce, altresì, che la formulazione del testo normativo non offre alcun argomento a supporto della restrittiva interpretazione fornita dall’Amministrazione finanziaria nella Circolare dell’1.6.2011 n. 26/E, essendo tale limite soggettivo, al regime opzionale della «cedolare secca» sugli affitti, riferibile unicamente ai locatori.
  2. La censura è fondata.

Il proprietario o il titolare di un diritto reale di godimento di unità immobiliari abitative, e relative pertinenze, locate ad uso abitativo, che abbia optato per il regime della «cedolare secca», assolve il proprio obbligo tributario mediante versamento, in acconto e a saldo, della «cedolare secca», secondo le modalità definite con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 7 aprile 2011, emesso in forza di quanto previsto dall’art. 3, comma 4, del decreto legislativo citato. La base imponibile è determinata sulla scorta del canone di locazione annuo stabilito dalle parti ed in ragione di una aliquota del 21% (o, in caso di contratti a canone concordato, di quella ridotta: v. da ultimo DL n. 47 del 2014). Il locatore, che opta per tale regime tributario agevolato, non può chiedere l’aggiornamento del canone.

Ai sensi dell’art. 3, sesto comma, del DLgs. n. 23 del 2011 le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5 del presente articolo, che prevedono il descritto regime della cedolare secca, non si applicano alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa o di arti e professioni.

Stante la necessità di coordinare la disposizione in esame con quelle richiamate, di cui ai precedenti commi, che attribuiscono esclusivamente al locatore la possibilità di optare per il regime tributario della cedolare secca, senza che il conduttore possa in alcun modo incidere su tale scelta, l’esclusione logicamente deve essere riferita, esclusivamente, alle locazioni di unità immobiliari effettuate dal locatore nell’esercizio della sua attività di impresa o della sua arte/professione, restando, invece, irrilevante la qualità del conduttore e la riconducibilità della locazione, laddove ad uso abitativo, alla attività professionale del conduttore (ad esempio, come avvenuto nel caso di specie, per esigenze di alloggio dei suoi dipendenti).

In questo senso depone non solo la lettera, ma anche la ratio della legge, che non è solo quella di contrastare l’evasione fiscale, ma anche quella di facilitare il reperimento di immobili ad uso abitativo (esigenza che può sorgere anche nell’esercizio delle attività imprenditoriali, arti o professioni, che sempre più spesso avvengono lontano dal luogo di residenza/sede o sono dislocate in plurimi contesti territoriali) e quella di sostenere la conservazione del patrimonio immobiliare, che richiede periodiche spese di manutenzione straordinaria.

La circostanza che il regime tributario in esame avvantaggia anche il conduttore (in considerazione dell’esclusione dell’imposta di registro e dell’aggiornamento del canone) non può certo giustificare un’interpretazione dell’art. 3, comma 6, del DLgs. n. 23 del 2011, da cui derivi una riduzione dell’ambito applicativo della cedolare secca in danno del locatore, a cui è riservata la relativa scelta e che è il beneficiario principale di tale regime.

Né possono desumersi contrari argomenti interpretativi dall’art. 3, comma 6-bis, DLgs. n. 23 del 2011, ai sensi del quale l’opzione di cui al comma 1 può essere esercitata anche per le unità immobiliari abitative locate nei confronti di cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro di cui al libro I, titolo II del c.c., purché sublocate a studenti universitari e date a disposizione dei comuni con rinuncia all’aggiornamento del canone di locazione o assegnazione. In primo luogo, il comma 6-bis non esclude affatto che, in base ai commi precedenti, il locatore possa esercitare l’opzione per la cedolare secca con riferimento ad un contratto di locazione ad uso abitativo concluso con un imprenditore/professionista e riconducibile all’attività di quest’ultimo. Inoltre, non può certo ritenersi che, posta questa premessa, il comma 6-bis dell’art. 3 del DLgs. n. 23 del 2011 sia privo di effetti. Difatti, tale disposizione disciplina la possibilità per il locatore di optare per la cedolare secca in ragione non del contratto di locazione concluso con conduttori cooperative edilizie per la locazione/enti senza scopo di lucro, ma piuttosto di quello di sub-locazione con studenti universitari: possibilità che, da un lato, prescinde dal tipo di contratto «madre» concluso (che potrebbe anche non essere una locazione ad uso abitativo), ma che, dall’altro lato, esige, al fine di evitare abusi o distorsioni della cedolare secca, la successiva stipula di un contratto di sub-locazione ad uso abitativo, con rinuncia all’aggiornamento i.s.t.at., a favore di studenti universitari e la messa a disposizione dei Comuni.

Solo per completezza deve sottolinearsi che l’Amministrazione finanziaria non ha poteri discrezionali nella determinazione delle imposte: di fronte alle norme tributarie, essa ed il contribuente si trovano su un piano di parità, per cui la cosiddetta interpretazione ministeriale, sia essa contenuta in circolari o risoluzioni, non costituisce mai fonte di diritto (Cass. n. 3598/2022; n. 14619/2000; Cass., SS.UU., n. 23031/2007). Conseguentemente, la Circolare dell’1.6.2011 n. 26/E, in quanto non manifesta attività normativa, essendo atto interno della stessa Amministrazione, è destinata ad esercitare una funzione direttiva nei confronti degli uffici dipendenti ed è, altresì, inidonea ad incidere sugli elementi costitutivi del rapporto tributario.

  1. In conclusione, il ricorso merita accoglimento in virtù del seguente principio di diritto: in tema di redditi da locazione, il locatore può optare per la cedolare secca anche nell’ipotesi in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell’esercizio della sua attività professionale, atteso che l’esclusione di cui all’art. 3, sesto comma, DLgs. n. 23 del 2011 si riferisce esclusivamente alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate dal locatore nell’esercizio di una attività d’impresa o di arti e professioni.

Pertanto la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con accoglimento dell’originario ricorso.

L’assenza di precedenti giurisprudenziali giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso introduttivo del giudizio; dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

 

 

 

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